La Superlega è naufragata dopo pochi giorni dall'annuncio dei dodici club fondatori.
La rivolta di gran parte del mondo del calcio è stata troppo forte e violenta, tra minacce e insulti arrivati da ogni parte.
I sei club inglesi coinvolti si sono sfilati dopo nemmeno 48 ore dall'annuncio (qualche giornale estero dice sotto lauto compenso per buona pace dell'etica), mentre di quelli italiani non si hanno ancora posizioni ufficiali.
Ciò che conta è che il progetto, come sottolineato dal Presidente della Juventus Andrea Agnelli, va comunque avanti, tenendo in considerazione le critiche ricevute e correggendo la mira, così da proporre una formula più accettabile.
Certo che sentir parlare in questi giorni Manchester City e PSG di "etica", quando sono le due squadre protagoniste dei maggiori scandali degli ultimi anni, fa davvero storcere la bocca.
Gli inglesi sarebbero dovuti essere squalificati dalla Champions per due anni, ma dopo accordi sotto banco, mazzette e ricatti, la squalifica è magicamente scomparsa.
I francesi, invece, sono coloro che hanno speso 225 milioni per comprare Neymar, dando uno schiaffo definitivo a chi indicava nel Fair Play finanziario la soluzione di tutti i problemi del calcio.
Il problema principale è che tutti, in questi giorni, hanno gridato che "il calcio è di tutti", senza sapere neppure di cosa stessero parlando.
Il calcio è sempre stato dei ricchi, di chi poteva permettersi di comprare i migliori giocatori e di investire ogni anno.
Soprattutto dagli anni '80 in poi, il calcio è cambiato ed è diventato un'industria come tante altre, tirando in ballo i primi grandi capitali e quotando le società in Borsa.
Eppure c'è chi è rimasto ancorato al calcio romantico degli anni '60, quando si poteva andare allo stadio senza rischiare di essere picchiato o, peggio, ammazzato dai tifosi avversari.
Dal 1991 a oggi, in Italia, soltanto Roma e Lazio (quest'ultima ricordiamo tutti come, tra l'altro) hanno spezzato il dominio di Juventus, Inter e Milan, di cosa stiamo parlando?
La Superlega sarà pure un Campionato d'élite dove la meritocrazia è relativa, ma è soprattutto uno strumento per far saltare il banco, ovvero togliere il potere a quei quattro burocrati che, ormai da anni, fanno il bello e il cattivo tempo nel mondo del calcio.
UEFA e FIFA si sono rese protagoniste di scandali che oggi tutti sembrano aver dimenticato e si sono trasformate nelle salvatrici del calcio pulito ed etico.
Loro che hanno permesso agli emiri arabi di prendere possesso del calcio europeo, che hanno venduto i Mondiali al Qatar e che hanno avallato arbitri come Byron Moreno.
Certo, il progetto Superlega era tutto tranne che perfetto, ma sarebbe stato un primo passo verso un cambiamento radicale che avrebbe tolto il calcio dal controllo dei burocrati di Nyon che da sempre si vendono i nostri sogni e le nostre passioni per una "manciata" di soldi.Per questo, sono convinto che molti non abbiano davvero capito il vero senso della Superlega, fermandosi alle apparenze, alle reazioni di pancia pilotate proprio da chi aveva interesse a far naufragare il progetto.
Club scissionisti, sono stati chiamati i dodici fondatori della Superlega, come se fossimo in piena guerra di camorra e, in fondo, non siamo così lontani dalla realtà, visti gli interessi in ballo.
Se il calcio deve davvero essere di tutti, allora sarebbe ora di toglierlo dalle mani di UEFA e FIFA, perché fino a oggi hanno solo lasciato le briciole a chi il calcio lo gioca davvero, arricchendosi con i nostri sogni e le nostre passioni.
È vero, alcune società hanno fatto il passo più lungo della gamba, indebitandosi pericolosamente, ma le responsabilità sono anche di chi non ha saputo organizzare il calcio in maniera adeguata.
Oggi, la Champions League non garantisce più gli introiti necessari, proprio perché a monte c'è una scrematura che riduce i guadagni delle società.
Se tutti noi vogliamo vedere nelle nostre squadre campioni come Cristiano Ronaldo, Ibrahimovic, Lukaku e compagnia bella, dobbiamo renderci conto che tutto questo ha costi altissimi.
Dunque, per competere a livelli alti, le società devono trovare altre fonti di guadagno, perché sennò noi cominciamo a lamentarci che la Juve fa schifo, che l'Inter non vince mai, che il Milan è finito.
La Superlega avrebbe portato una montagna di soldi che avrebbe permesso a tutte le maggiori squadre europee di mettere in campo una competizione ad altissimi livelli, con campioni e fuoriclasse da ammirare.
Invece, a quanto pare, si preferisce la mediocrità, nel nome di una presunta meritocrazia che esiste soltanto nella mente di chi di calcio non sa nulla.
Se così fosse, bisognerebbe impedire ai grandi gruppi industriali di comprare squadre, ai ricchi emiri arabi di spendere centinaia di milioni di euro ogni anno e dare la possibilità a tutti di competere partendo dallo stesso punto.
È il pensiero più ipocrita che abbia mai sentito. Il calcio non è di tutti, è la più grande stronzata sentita da quanto esiste questo sport. Il calcio è di chi lo gioca, di chi lo tifa e di chi ci mette i soldi.
Dunque, sarebbe ora di metterlo davvero nelle mani di chi lo ama e di chi ci permette di goderci lo spettacolo.
Il calcio deve essere gestito dalle società, proprio come nel progetto Superlega. Basta burocrati, basta politici e largo a chi, tutti i giorni, lavora per migliorare la propria squadra.
Era questo il cuore del progetto voluto da Perez e Agnelli, un'ancora di salvezza per il calcio e per le società che, fino a oggi, hanno permesso al calcio di essere lo sport più seguito al mondo.
La Superlega serviva a tutti noi per riprenderci il calcio, a farci assistere a match spettacolari, invece che a tristi e noiose partite contro squadre improbabili, ma evidentemente in pochi lo hanno capito.
(Marcello Gagliani Caputo)
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