In occasione dell'uscita del documentario "Il lato oscuro dello sport" su Netflix, si ritorna a parlare dello scandalo Calciopoli e del coinvolgimento della Juventus e della sua dirigenza.
In particolare, il documentario mette in evidenza il ruolo di Luciano Moggi, allora Direttore Sportivo dei bianconeri che ha raccontato la sua versione di quelle drammatiche settimane che avrebbero portato la Juventus in Serie B.
Tra le parole di Moggi, risalta soprattutto il passaggio riguarda la sua tragica reazione ai fatti e alle accuse di quel periodo: «Avevo vergogna pure a passeggiare per le strade e in quel momento ho pensato a tante cose, anche al suicidio», racconta l'ex dirigente juventino.
Il documentario non aggiunge molto a quanto già si sa sull'inchiesta, ma sottolinea il tritacarne mediatico a cui furono sottoposti alcuni degli accusati, in primis proprio Luciano Moggi, considerato il burattinaio di un (presunto) meccanismo corruttivo che, in realtà, coinvolgeva tante altre squadre, oltre la Juventus.
Inoltre, il documentario cerca di fare luce (senza riuscirci molto) sul motivo per cui l'inchiesta si focalizzò sulla figura di Moggi, trascurando molte altre telefonate e intercettazioni rilevanti e sul perché, alla fine, fu la Juventus a pagare il conto più salato.
Lo stesso Moggi si chiede il motivo di diverse contraddizioni nella sentenza, a cominciare dalla conferma che nessuna partita era stata alterata e del perché l'unico arbitro condannato fu Massimo De Santis. Senza tenere conto delle famigerate schede telefoniche svizzere, per molto tempo perno dell'inchiesta, ma poi diventate uno dei tanti punti deboli.
Insomma, la partita di Calciopoli sembra ancora più viva e aperta che mai, soprattutto dopo l'accoglimento da parte del Tribunale Europeo per i diritti umani del ricorso presentato dall'altro grande accusato, ovvero Antonio Giraudo.
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