Le dichiarazioni sulla gestione dei calciatori giovani rilasciate ieri da Massimiliano Allegri durante la conferenza stampa di presentazione di Juventus-Fiorentina, hanno scatenato una ridda di polemiche.
Tra chi considera giusta la teoria dell'allenatore e chi, invece, lo accusa di essere arroccato in una mentalità preistorica del calcio, di cui proprio i giovani sono le prime vittime, la discussione è lontana dal concludersi.
Stimolato da una domanda sulla convocazione di Matias Soulé in Nazionale Argentina, Allegri ha detto che, prima di inserire un giovane in Prima Squadra o in Serie A, questi deve "giocare anche in B, è importante, e deve fare tante partite".
Dato per scontato che la convocazione del ragazzo dell'Under 23 bianconera è stata una mossa "politica" di Scaloni che si è assicurato il giocatore, impedendo di fatto che potesse diventare un "oriundo" ed essere convocabile dall'Italia, questa dichiarazione spiega tanto sulla visione del calcio dell'allenatore della Juventus e su quanto questa sia distorta oltre che smentita dai fatti.
Ampliando il discorso all'estero, il dato è ancora più clamoroso, a cominciare dalla storia straordinaria di Johan Cruijff che esordì con l'Ajax a 17 anni, oppure a Raul che ha esordito in Champions League a 18 anni, diventando presto il secondo marcatore di sempre del Real Madrid, dopo Cristiano Ronaldo.
Tornando ai tempi nostri, i casi si fanno sempre più frequenti, sintomo di un calcio in continua evoluzione che permette ai giovani di bruciare le tappe e alle società di gestire meglio le finanze.
Tanti i nomi da citare, da Mbappé ad Haaland, da Rashford a Greenwood, da Gavi, fatto debuttare da Luis Enrique in Nazionale a 17 anni, fino allo stesso Dusan Vlahovic, oggi tanto desiderato dalla Juventus e comprato dalla Fiorentina appena maggiorenne, o allo stesso juventino Matthijs de Ligt, titolare e capitano dell'Ajax ad appena 19 anni.
Servirebbe un post dedicato per raccontare le tante straordinarie storie di giovani calciatori divenuti campioni grazie alla fiducia dell'allenatore. Un esempio per tutti è l'Ajax, da sempre fucina per i giovani. Da qui sono partiti tantissimi talenti sbocciati presto, dal già citato Cruijff fino al finlandese Jari Litmanen, passando per Patrick Kluivert e de Ligt.
Per Massimiliano Allegri, invece, un giocatore raggiungerebbe la maturità a 25 anni e, fino ad allora, sarebbe un rischio farlo giocare con regolarità in prima squadra o in Serie A.
Per lui, quelli citati sopra, sarebbero soltanto dei "casi isolati" che non meritano di essere considerati, al contrario, la prova e la dimostrazione di quanto sia necessario, ancora di più oggi, puntare sui giovani e dare loro la possibilità di mettersi alla prova presto.
Per Allegri, tutti i giovani, a prescindere dal talento che possiedono, dovrebbero fare gavetta in Serie B (se non in Serie C) e giocare tante partite, proprio come sta succedendo a Nicolò Fagioli, mandato a fare "esperienza" alla Cremonese. Una mentalità che ricorda tanto il "nonnismo" delle caserme militari.
Inoltre, nei pochi casi in cui l'allenatore livornese è stato costretto a cedere, come successo con Moise Kean, lanciato in prima squadra a nemmeno 17 anni, il calciatore è stato poi mandato a Verona e farsi le ossa e, infine, ceduto all'estero e riacquistato a peso d'oro.
La gestione dei giovani da parte di Massimiliano Allegri è un argomento che farà discutere ancora tanto, considerati soprattutto gli investimenti economici che la Juventus ha fatto e farà proprio su di loro, come nel caso dei 70 milioni spesi per de Ligt.
(Marcello Gagliani Caputo)
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