Nel panorama calcistico italiano degli anni '30 e della nuova Serie A, un solo club si distingue in modo unico: la Juventus. Conosciuta affettuosamente come "La Vecchia Signora", proprio in questo decennio la squadra torinese sancisce il proprio dominio a livello nazionale e muove i primi passi in campo internazionale, lasciando un'impronta indelebile nella storia del calcio.
Fondazione e crescita
Fondata nel 1897, la Juventus ha sempre ricoperto un ruolo centrale nel calcio italiano, vincendo il primo scudetto nel 1905 e dando un fondamentale contributo alla storia dei primi Campionati regionali e nazionali. Tuttavia, è negli anni '30 che i bianconeri entrano, di diritto, nella storia, grazie a un decennio ricco di successi. Ciò avviene grazie, soprattutto, a figure come Edoardo Agnelli che, nel 1923, diviene Presidente del club e lo trasforma profondamente. Sotto la sua guida, la Juventus vive un vero periodo d'oro (nella stagione 1925-26 vince il suo secondo scudetto) e può contare su una capacità di investimento e di risorse che si rivelano fondamentali sia per costruire una rosa competitiva sia, soprattutto, per centrare traguardi importanti e arricchire la bacheca di trofei.
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Il Quinquennio d'Oro
Il lavoro di Edoardo Agnelli raccoglie i frutti durante i primi anni '30, quando la Juventus diventa la squadra da battere e domina Campionato dopo Campionato. Con una rosa zeppa di campioni e talenti italiani, stranieri e oriundi, i bianconeri inaugurano un periodo di assoluta egemonia sulla nuova Serie A e vincono ben cinque scudetti consecutuvi. Inoltre, la Juventus muove, finalmente, i primi passi anche in Europa e si affaccia a competizioni fino ad allora sconosciute al calcio italiano. Grazie alla saggia guida dell'allenatore Carlo Carcano e a campioni del calibro di Gianpiero Combi, Luigi Bertolini, Giovanni Ferrari e Felice "Farfallino" Borel, i bianconeri sciorinano un calcio solido e concreto e danno un fondamentale contributo alla Nazionale Italiana che si laurea Campione del Mondo, per la prima volta, nel 1934. È la Juventus del leggendario trio difensivo Combi-Rosetta-Caligaris, di "Farfallino" Borel che si laurea capocannoniere nelle stagioni 1932-33 e 1933-34, ma, soprattutto, la squadra di Carlo Carcano, tra i primi fautori, insieme a Vittorio Pozzo, del cosiddetto "Metodo", ossia un sistema di gioco basato più sulla concretezza che sullo spettacolo.
I primi passi in Europa
Come accennato, durante gli anni '30 la Juventus non si limita a brillare in patria, ma fa anche il proprio ingresso sulla scena internazionale, ottenendo i primi importanti risultati. Nel 1930, i bianconeri debuttano nella Coppa Europa Centrale che si gioca durante l'estate e che vede battagliare club provenienti da Austria, Cecoslovacchia, Ungheria e Italia (inserita al posto della Jugoslavia dal 1929). La prima partecipazione della Juventus si ferma ai quarti di finale, dove i bianconeri vengono sconfitti dallo Sparta Praga allo spareggio (risultato finale 3-2). Nella stagione successiva, gli uomini di Carcano compiono un passo avanti e arrivano fino alle semifinali, dove, però, ancora una volta, vengono sconfitti da una squadra cecoslovaccha, stavolta lo Slavia Praga. I due match, però, non entrano negli annali per lo spettacolo offerto dalle due compagini, ma per alcuni incidenti e disordini che avvengono sia all'andata sia al ritorno. In terra straniera, il pubblico cecoslovacco invade il campo dopo un diverbio tra lo juventino Cesarini e il massaggiatore della squadra avversaria, mentre al ritorno, a Torino, il portiere dello Slavia Praga si accascia sul terreno improvvisamente, lamentando di essere stato colpito da un oggetto lanciato dagli spalti. Rientrati negli spogliatoi, i cecoslovacchi, sotto di due reti, decidono di non tornare in campo, in segno di protesta per quanto accaduto al loro portiere. Una mossa che, giorni dopo, avrebbe portato alla squalifica di entrambe le squadre dalla Coppa. Un beffardo destino che, per la Juventus, si ripete nelle tre successive partecipazioni alla Coppa Europa Centrale, quando i bianconeri non riescono ad andare oltre la semifinale.
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La prima Coppa Italia del 1938
Gli anni '30 sono parte fondamentale nella storia della Juventus, perché oltre ai cinque scudetti consecutivi, i bianconeri portano a Torino la prima Coppa Italia della loro storia. Un importante obiettivo conseguito alla terza edizione della competizione (le prime erano state vinte da Torino e Genoa), rilanciata in grande dopo i complicati e sfortunati tentativi degli anni '20. Per la Juventus è un successo particolarmente importante, perché arriva in una stagione avara di soddisfazioni sia in Campionato, dove la squadra allenata dalla vecchia gloria Virginio Rosetta viene bruciata al fotofinish dall'Ambrosiana Inter che si aggiudica lo scudetto con soltanto due punti di vantaggio sui rivali, sia in Coppa Europa Centrale, dove, per l'ennesima volta, il cammino dei bianconeri si ferma in semifinale. In Coppa Italia, invece, la marcia della Juventus è travolgente: ai sedicesimi si sbarazza dell’Aquila con un perentorio 4-1, agli ottavi elimina l’Alessandria (pur con qualche brivido), mentre ai quarti di finale travolge per 6-0 l’Atalanta. In semifinale, i bianconeri se la vedono proprio con la grande rivale Ambrosiana Inter e si prendono una personale rivincita, battendola 2-0 grazie alle reti di Tomasi e Foni. Infine, la finale, nella formula di andata e ritorno, si disputa contro i cugini del Torino e la Juventus fa la voce grossa già in trasferta, quando vince 1-3 (doppietta di Bellini e gol di De Filippis). La sfida in casa, dunque, diventa una formalità e gli undici di Rosetta regolano il Torino per 2-1, grazie a una doppietta di Gabetto. Il giorno dopo, nella cronaca della "Gazzetta dello Sport", si racconta come "la Juventus ha vinto meritatamente per la migliore solidità del suo impianto complessivo. Essa ha attaccato meno ma con idee più chiare, e con pochi spunti a due al massimo tre attaccanti ha reso di più del Torino che si affannava con tutti gli uomini di punta sotto rete".
Eredità e memoria
Gli anni '30 rimangono, ancora oggi, un periodo cruciale nella storia della Juventus, parimenti importante allo straordinario ciclo dei nove scudetti consecutivi tra il 2012 e il 2020. I successi raggiunti dai bianconeri in quel decennio non solo rafforzarono il prestigio del club in Italia, ma lo fecero conoscere in Europa e contribuirono a gettare le basi per le vittorie future. Grazie a quell'indimenticabile serie di vittorie, la Juventus entrò nel mito e con lei tanti giocatori di cui oggi si parla ancora e che vengono presi a esempio dalle nuove generazioni. Per tanti appassionati, andare allo stadio durante quel difficile periodo storico che vedeva l'ascesa del fascismo e le prime ombre della Seconda Guerra Mondiale calare sull'Europa, significava divertirsi e assistere a uno spettacolo piacevole e affascinante. Una vera panacea che, negli anni successivi, avrebbe reso il calcio lo sport più amato e seguito di tutta Italia.
(Marcello Gagliani Caputo)
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